lunedì 26 luglio 2010

Equilibri, e respiri

Raramente ci troviamo in una posizione di equilibrio.
In genere, tendiamo sempre da una parte o da un'altra, spinti da diversi fattori: sogni, timori, preoccupazioni, desideri, preconcetti, aspettative, influenze.

Cosa succede quando c'è qualcosa che altera questi nostri equilibri interiori? Come reagiamo?

Spesso, un fattore critico in tal senso si rivela la paura: è questa a farci muovere in un senso, o in un altro, e a sbilanciarci in primo luogo. La natura di questa paura sarà differente da momento in momento, da persona in persona, da situazione in situazione, ma si tratta sempre di paura.
Paura di non essere all'altezza, di non riuscire a dimostrare quanto si valga; la paura di voler guardare dentro di noi per vedere ciò che nascondiamo anche a noi stessi; la paura di deludere se stessi, o gli altri; la paura di restare soli; la paura che le cose non vadano come si vorrebbe.

Tutto questo ci sposta da quella situazione di equilibri interiori che io tendo a chiamare "quiete": quella tranquillità interiore nell'approcciarsi a tutte le esperienze che il quotidiano ci offre, dalle più significative ed intense, alle più piccole. Questa quiete non necessariamente è placida: è un sensazione di fondo, capace di mostrare un lato di pura forza e costanza, di velocità ed efficienza, di determinazione e sentimento, così come con serena tranquillità, e sorridente semplicità.

Vi porgo una domanda, adesso. Porgete attenzione:


state respirando, in questo momento?


E' ovvio che la risposta sia "sì", altrimenti non stareste qui a leggere. Ma la mia domanda si spinge un po' più in là: state Respirando davvero? Sono dei respiri brevi, concitati, appena esistenti, o sono dei respiri lenti, più profondi, che assaporano l'ossigeno che l'aria ha da offrirci?

Credo ci sia una stretta correlazione, di natura biunivoca, tra il nostro stato d'essere ed il nostro respiro. Quante volte, in momenti intensi, ci troviamo a trattenere il respiro? Oppure, quando siamo colti da ansia, il respiro si fa forte e veloce, aumentando di ritmo?

Il nostro respiro è un ottimo segnale, a mio avviso, per ciò che davvero ci passa dentro.
Ma non solo: come detto, credo abbia un legame biunivoco con il nostro stato d'essere. Così come questo condiziona il nostro respiro, quest'ultimo può condizionare il nostro stato d'animo.
Non per nulla i cinesi, maestri in arti quali il Tai Chi, indicano con la stessa parola e lo stesso ideogramma "respiro" ed "energia vitale": non c'è una distinzione tra le due cose.

Se il vostro respiro, come spesso il mio, è breve e debole, provate a rilassarvi. Non sforzate il respiro affinché diventi profondo, ma rilassatevi, lasciando andare tutte le tensioni interiori che vi irrigidiscono l'animo, e lasciate che assuma il ritmo che il vostro corpo, la vostra mente, e il vostro animo necessitano.

Se riusciamo in questo, sono convinto che avremo compiuto il primo passo per la comprensione del nostro stato d'animo, per raggiungere quella che io chiamo "Quiete"

sabato 24 luglio 2010

Verso la fine di un'avventura

Tra meno di una settimana farò ritorno in Italia, abbandonando Nashville, TN. 
Sono già passati 6 mesi. Stento a crederci!

Tutti quanti continuano a chiedermi se sono ansioso di partire, o se vorrei stare qui più a lungo... mi sto stupendo nel rispondere loro, con sincerità e semplicità: "No". 

Ed è vero.. più ci penso, più me ne rendo conto. 
Ho una certa agitazione? Sì. 
Ma non vorrei partire immediatamente, come non vorrei soggiornare più a lungo. Sono soddisfatto di come le cose siano, e le vivo per come sono. Sospirare per come vorrei che fossero non avrebbe altro effetto che lasciarmi scappare da davanti queste ultime esperienze che posso vivere. 
Sono qui, ora. E' questo quello che importa, e cercherò di vivere la cosa in questo modo. E quando avrò fatto ritorno vivrò dove sarò, senza permanere - mentalmente ed emotivamente - nei posti che ho abbandonato. 

Alcuni di questi mesi sono stati particolarmente duri ed intransigenti, ma ne ho tratto qualcosa da molti punti di vista diversi. 

Ho già parlato di ciò che ho affrontato e vissuto da un punto di vista personale, e adesso, mentre mi accingo al pianificare i prossimi, ultimi passi della mia carriera accademica, in funzione di un avvio di una carriera lavorativa, mi soffermo a pensare a ciò che ho appreso in questi soli 6 mesi da un punto di vista scientifico-professionale. 

Ho acquisito delle basi teoriche circa il metabolismo di molecole prostaglandiniche e originate attraverso le Cicloossigenasi 1 e 2, e che effetti abbiano alcuni dei farmaci non steroidei che assumiamo tutti i giorni, alcune cose delle quali tanto nuove da non essere risapute da quasi alcun medico. 

Ho appreso molto sullo stress ossidativo, sulle sue dinamiche e sulle sue conseguenze sull'organismo umano: sia da un punto di vista teorico, sia da un punto di vista sperimentale, essendo ora capace di quantificarne la portata partendo da campioni biologici. 

Ho utilizzato e fatto manutenzione ordinaria, tutti i giorni, su strumenti dal costo di 200-400 mila dollari, che molti dei miei colleghi coetanei, se non quasi tutti, non hanno mai nemmeno avuto opportunità di vedere, acquisendo così principi teorici ed esperienza pratica con tecniche incredibilmente valide ed ampiamente utilizzate, come la Cromatografia - Spettrometria di massa tandem. 

Ho adoperato tecniche di separazione e purificazione di precise sostanze in matrici quali urine, plasma, piastrine, che vantano migliaia di composti dalla natura diversa in esse. 

Ho appreso un inglese scientifico accurato, e ho dimostrato agli altri e a me stesso la mia capacità di organizzare un progetto di ricerca ex novo senza avere in principio alcuna base su di questo, riuscendo anche a sostenere incontri e a dare spiegazioni a professori e medici che sono stati candidati al premio Nobel, ricevendo i loro complimenti. 

Ho ottenuto dei risultati utilizzabili, e a quanto mi è detto probabilmente anche pubblicabili su una rivista scientifica, in un frangente di tempo che mi era stato detto essere insufficiente per ottenere dei risultati tangibili ed utili, partendo da zero e non avendo nessuno che potesse chiarire molti dei dubbi che sorgevano strada facendo. 


Non sono solitamente qualcuno a cui piace dire ciò che ha ottenuto, conquistato, o che sta per intraprendere. 
"Uuma quena en'mani lle ume, ri'mani lle umaya. Uma ta ar'lava ta'quena ten'irste": "Non parlare di ciò che hai fatto, o di ciò che stai per fare. Fallo, e lascia che parli per sé". 
Preferisco, se possibile, far percepire il mio valore in quanto persona, studente, scienziato, senza vantare una lista di ciò che ho conseguito. 

Però mi arreca una certa soddisfazione, solo per questa volta, esternare e guardare immediatamente davanti a me alcune delle mie conquiste recenti, in vista di eventuali colloqui nel quasi immediato futuro. 

Altri 6 giorni.

...Cercherò di farli valere.

domenica 11 luglio 2010

Un sorriso condiviso con se stessi, in attesa di condividerlo con un'altra

Il sorriso che al momento mi ritrovo sgorgarmi sulle labbra è differente da quello che spesso mi illumina il volto, ultimamente... sebbene, in qualche modo, sia imparentato. 

Mi sono ritrovato, da solo, steso sul mio letto e trasportato da delle dolci e cullanti melodie, a parlare, e a commuovermi. 
Potrebbe suonare che io sia folle, e magari lo sono davvero. Ma se questa è davvero follia, allora la abbraccio con convinzione comunque, perché porta seco un flusso di sentimenti, emozioni, gioia e serenità, di cui credo si possa fare esperienza solo in rare occasioni, all'interno della propria vita. O meglio, che siano suscitate da avvenimenti - o persone - che toccano la nostra vera essenza, quasi come si facciano delle carezze ad un gatto, e questo risponda facendo le fusa. 
E' così che mi sento, sebbene ad un livello più "metafisico". Sento un qualcosa di grande, che mi riempie senza però forzare; come dell'acqua che si adatta ad un contenitore, riempiendolo e dando un senso al vuoto che questo ha. E questo placido lago, che dentro me sta in una quiete nemmeno in apparenza statica, mi avvicina un po' al comprendere il "vuoto" di cui si parla nella filosofia taoista, e nell'arte del Tai Chi. 

Qual è la parte più importante di una tazza? Il contenitore, oppure il vuoto che consente di contenere del liquido?

Qual è la parte più importante di una porta? La struttura solida, oppure la fessura vuota che le permette di aprirsi?

Credo che entrambe le cose, in entrambi i casi, siano importanti. Senza l'una, l'altra non ha senso di esistere e non può adempiere allo scopo per cui è stata ideata, pensata, creata. 


Credo che la stessa cosa valga per noi, esseri umani. Siamo sempre così pieni, carichi, di pensieri, paure, emozioni, desideri, volontà, preconcetti... siamo come una tazza già piena. Ma come potremo lasciare entrare altro in noi, se siamo già così pieni?
Rilassarsi e lasciare andare ciò che non è necessario è la via della Natura. Entrambi il vuoto e il pieno, nel loro avvilupparsi reciproco costante e perennemente dinamico, sono presenti e necessari. 

Se - o quando - riusciamo a far sì che questi e tutti gli altri apparenti opposti trovino dentro di noi un equilibrio, pur sempre dalla natura dinamica e mai statica (nulla è statico, nell'universo), ecco che avremo modo di arricchirci di così tante cose che non pensavamo nemmeno potessero esistere, e potessimo vivere. 


Ecco a quali riflessioni mi conduce ciò che risveglia nel mio animo una persona a me estremamente cara; le parole che voglio dirle, e che al momento posso - o voglio - solo dire a me stesso, ammettendole, ed ammirandole. Parole che sono solo una piccola immagine riflessa e sfocata della realtà che dentro mi respira. 

venerdì 9 luglio 2010

Realizzazioni

Molte persone si trovano bene in mia compagnia, parlandomi, confidandosi, aprendosi... A quanto mi dicono, la mia presenza, il mio ascolto, le mie parole, le aiutano in qualche modo, le fanno sentire meglio.
Questo, devo dire, mi fa sorridere.
Ma dall'altro lato, ultimamente sto constatando una cosa. Quasi la totalita' di queste persone si rivolge a me solo quando le cose non vanno molto bene. Magari si sentono sole, oppure sono preda della confusione; a volte non si sentono motivate, altre volte sono tristi.

Sono contento di poter esserci, per tutte quelle persone, che siano cari amici o conoscenti con cui ho una minore intimita'.

Pero', dall'altro lato, a volte mi sento usato. Perche' non vengo cercato anche quando le cose vanno bene, per condividere un po' di gioia, di soddisfazione, di appagamento... ma solo quando le cose vanno male o sono insoddisfacenti. Esaurisco forse la mia bellezza in quanto persona, una volta passato un periodo del genere? Il mio valore in quanto essere umano?

Devo ammettere che la cosa mi rattrista...

mercoledì 7 luglio 2010

Forza

Negli ultimi mesi, mi sto ritrovando a riconsiderare parecchie cose...
tra queste, ciò che mi fa spesso riflettere, è come stia rivalutando le caratteristiche che rendano una persona "forte". 

Tutti quanti abbiamo in mente un'immagine - o forse più d'una - al pensare ad una persona forte, un carattere forte. 

Cosa viene in mente, a voi...?

A me viene in mente l'immagine di una persona che non si lascia abbattere dalle situazioni avverse. 
Ed ultimamente, quest'immagine si sta mettendo più a fuoco per alcune parti, e modificando del tutto per altre. 


La capacità di sorridere anche - e soprattutto - quando le cose non vanno bene. Cos'è, questa, se non un incredibile segno di forza interiore? Non un sorriso superficiale, soltanto dipinto sul viso. Ma un qualcosa che vibri nel, e per il tuo intero essere; un qualcosa di animato, di contagioso e vivo per chiunque stia anche soltanto a guardarti! 

La capacità di voler essere felici. Non lungo tempo fa pensavo che tutti mirassimo a questo. Mi sto stupendo sempre di più nel constatare come anzi, più spesso che non, sembra che facciamo di tutto per evitarlo. 
Pensate a quante volte vi siete auto-puniti, avete imposto un giudizio severissimo su voi stessi. E anche se gli altri mostravano comprensione e appoggio, voi vi punivate ancora più duramente. Io ho perso il conto di tutte le volte che sono andato incontro a questo spirito. 
La sola intenzione, pura e distillata - per quanto generica - di essere felici... questa, la ritengo ora una grande forza. 

Il guardare direttamente in faccia le esperienze negative, e trarne degli insegnamenti costruttivi. E' una forza che ammiro, in chi la possiede (Ali, questo è il momento in cui dovresti sorridere :P). Ci vuole coraggio per voler affrontare un qualcosa di doloroso, e vigore per persistere al suo peso. 

L'aprire il proprio sé ad altre persone, abbandonando i filtri e le difese che noi stessi applichiamo ed erigiamo. Siano persone, quelle con cui aprirsi, valide... Ma al contrario di un tempo, credo ci voglia più forza nell'aprirsi e nell'alzare le proprie difese, piuttosto che nel chiudersi a guscio e non lasciarsi intravedere da nessuno. Nel secondo caso, si ha troppa paura, che sia del dolore che si potrebbe ricevere, che sia delle potenziali delusioni delle proprie aspettative... o chissà di cos'altro. Nel primo caso, ci si dimostra pronti a sostenere dei colpi, delle ferite, in vista di un qualcosa di potenzialmente più grande.   
Questa è forza. 

Accettare il dolore come una parte integrante della nostra vita. E' attraverso il dolore, fisico ed emotivo, che molte lezioni vengono apprese davvero, solo attraverso di esso. E spesso è più grande la paura di questo che il dolore stesso, ed è questa a bloccarci. Liberi da questa paura, è come se ci svincolassimo da pesanti catene che ci limitano il movimento, o ci paralizzano del tutto. 

Riconoscere ed accettare il flusso degli eventi, lasciando che seguano la propria strada. Per quanto ci si sforzi o lo si desideri, a volte non si può far nulla per modificare l'andazzo di alcune cose. Riconoscerlo, accettarlo, e lasciare che ogni cosa vada per il suo sentiero naturale, è una caratteristica che vedo come di forza intrinseca (sebbene adornata di una vena di ciò che definirei "saggezza"). "Agire con il non agire", secondo la filosofia taoista. Per lasciare andare, a volte, ci vuole più forza di quanta ce ne voglia per restare aggrappati. 

Combattere per qualcosa per cui valga la pena, anche quando tutto sembra andarti contro. Sembra in contraddizione con quanto detto appena in precedenza, ma non lo è. A volte semplicemente non è in nostro potere vedere o sapere come andranno le cose. 
Non mi riferisco a casi in cui ci si rifiuta di vedere una realtà sgradevole, e si continua per la propria strada... ma a quando sembra che tutto ti voglia rallentare o buttare giù, e tu non ti arrendi, credendo che valga la pena provare il tutto per tutto per quel qualcosa che persegui, a prescindere da come andrà a finire. 

Trovare un sorriso per qualcun altro, quando non riusciremmo a trovarlo per noi stessi. Quanto è preziosa una persona così, nella nostra vita! Se riusciamo a trovare qualcuno del genere, qualcuno che volontariamente lasci passare i propri problemi e le proprie complicazioni in secondo piano, pur di tirare su una persona che vede aver bisogno di un sorriso e di un appoggio... dobbiamo fare in modo di tenerla stretta, e di apprezzarla. 


Tutte queste sfaccettature, ed altre ancora che al momento non prendono forma nella mia mente, ora vedo come "forza". 
E io sto cercando di sviluppare tutti questi raggi di questa virtù, di questa capacità. Spero che dei risultati siano già concretizzati... quello solo voi potete dirmelo. 

E anche se non dovesse essere così... allora sorriderò, e continuerò a provare!

martedì 6 luglio 2010

Davanti ad uno specchio

E' il 6 luglio 2010. Mi sto ritrovando ad oggi senza che me ne sia reso conto... time flies indeed. 
Sono dunque nel capitolo finale di questa mia avventura americana: meno di un mese, e sarò in partenza per l'Italia, maturato da alcuni punti di vista, cambiato da altri. 

Eppure, devo quasi sforzarmi per ricordare di prima che venissi qui; come mi sentivo, cosa mi accingevo a fare, a cosa miravo. 
Ricordo ancora l'esaltata paura che mi attanagliava le viscere, in aeroporto a Milano. Il sorriso malinconico e commosso al leggere tutti i messaggi di auguri per una bella avventura di tutti gli amici. L'infantile stupore al ritrovarmi per la prima volta, e da solo, in quella realtà in immensa scala che sono gli Stati Uniti. Il piacere del vagabondare per strade sconosciute, con il rischio di perdermi, non appena giunto a Nashville. L'affaticamento mentale dopo intere giornate spese a seguire discorsi in inglese circa argomenti che avrei faticato a seguire anche in italiano. I sogni e le aspettative iniziali che si sono scontrati con una realtà del tutto differente da quella anticipata. Il forte desiderio di mostrare quanto valessi. La fine di una relazione che ancora, a tratti, mi tormentava. L'intenso senso di opprimente solitudine che avvinghiava il mio essere nella sua interezza, e l'indurirsi del core della mia persona in risposta. La decisione di focalizzarmi sullo studio e sulla ricerca, qui. 

Un timido bagliore che si fa strada con aria riservata all'interno della mia vita; un bagliore conosciuto, ma stavolta da una prospettiva del tutto differente ed inaspettata... Avevo dimenticato, o meglio, avevo voluto dimenticare quanto calore potesse portare qualcosa del genere, se glielo si permette. 

Ho accettato tutto ciò che le mie decisioni hanno comportato, sia nel piccolo, che nel grande. E da uomo che raramente lo è, mi ritrovo ad essere orgoglioso di questo. 
Ho accettato - ed abbracciato - la tristezza più profonda, la solitudine più obliante, lo scontro con il pregiudizio, la mancata comprensione, l'abbattente frustrazione; così come la gioia per il cantare, la soddisfazione nel riuscire nel nuovo, la commozione al piccolo gesto di gentilezza di un estraneo, l'empatia per l'emarginato che mi ringrazia per essere stato ad ascoltare le sue storie. 

Il mio mondo, quasi nella sua interezza, è stato distrutto per essere ricostruito in maniera differente. Plasmato, o per lo meno influenzato, da moltissime persone. Alcune che non conosco né conoscerò mai, altre che ho imparato a conoscere, altre ancora che conosco da sempre. 
Mai come ora la vita mi è parsa come una spirale: l'Indipendence Day parlavo, davanti ai fuochi d'artificio, con un mio amico. Mi diceva di come la vita e l'universo abbiano una natura circolare. Potrebbe apparire così, come gli ho risposto, da una prospettiva. Ma se ci si sposta, allora si vede che c'è un'altra dimensione, e fors'anche un'altra ancora. Ciò che prima sembrava un cerchio, diventa una spirale, che si sviluppa lungo la dimensione del tempo. A volte zig-zagando, a volte andando dritta anziché curvare, tutto ciò perché non riusciamo ad accettare delle situazioni, e ad adeguarci ad esse. 

Posso affermare con una certezza rara di essere una persona incredibilmente diversa da quella che è partita per gli Stati Uniti, ormai oltre 5 mesi or sono. E nel guardare questa nuova persona, che porta comunque ancora i segni della vecchia, sono compiaciuto: mi piace la direzione che ho preso, e che continuo ad intraprendere passo per passo. 

Ma sono altresì cosciente di come il mio merito sia ben poco: se non ci fossero state quelle persone, non sarei quello che sono ora. 

Mi impegno, qui ed ora, a ringraziare personalmente tutti voi. E non solo con una semplice parola, per quanto possa essere sincera, sentita e forte; ma ringraziare ripagando dieci, cento volte tutto ciò che mi avete dato, se ne avrò le capacità. 

Ora, mi ritrovo ad amare la vita. 
E mi sto rendendo conto di come questo stia portando la vita ad amare me