domenica 12 agosto 2007

I desideri, le voglie, e le paure

Questo post nasce da una riflessione nata in me durante una conversazione con una mia amica.

Ciò che vedo sempre più spesso, in molte persone, è sostanzialmente una gran voglia di fare molto. Nutrono un forte desiderio di agire, di compiere qualche cosa di particolare o più generale, ma alla fine si limitano, pongono un freno alle loro iniziali intenzioni, e non agiscono.

Voglio far notare fin da subito: non critico queste persone. Al contrario, le comprendo. Questo perchè mi ci sono spesso trovato anch'io, in passato, e a volte mi ci trovo nuovamente - nonostante i miei sforzi perchè così non sia.

La domanda è: cosa è a fermarci? Quando vogliamo fare qualcosa, quando sentiamo dentro di noi che quel qualcosa è giusto, perchè alla fine non agiamo?

Per dare una risposta generale, direi: la paura.
Che sia la paura delle immediate conseguenze, delle risposte che potremo ricevere, di vedere deluse le nostre aspettative... è di questo che credo si tratti in buona parte dei casi (non posso ovviamente dire "sempre"). Ne sono convinto.

Ad ingigantire l'ombra gettata da queste paure e questi timori, sta un punto di vista che ho potuto constatare essere sufficientemente diffuso: la convinzione che per prendere una decisione ci vogliano uno sforzo e un tempo abnormi rispetto a quelli effettivamente sufficienti e adeguati (questo ho avuto modo di constatarlo con un mio collega e amico di università, che ad inizio anno si è ritrovato fortemente indeciso circa quale svolta prendere nella sua carriera universitaria).

Chi leggerà quanto scritto, dovrebbe - giustamente - domandarsi: "Ammesso sia effettivamente così... quindi? Cosa si può fare?".

Non mi sento di poter dire "questo è quello che bisogna fare". Questo perchè le variabili costituite dalle differenze tra persona e persona, e situazione e situazione, sono pressochè abissali.
Da parte mia, non posso che dire quello che ho avuto modo di apprendere attraverso le mie personali esperienze: ciò che a volte, nell'indecisione, nella paura, mi fa dire "Sai cosa? Vaffan****, io lo faccio!!".

Quel qualcosa è - ironico quanto ossimorico, me ne rendo conto - un'ulteriore paura. Un altro timore, di senso opposto, ma di intensità più accentuata.

Quello che intendo, in pratica, è: io mi ritrovo in una determinata situazione in cui posso cogliere un'occasione, auspicabilmente a mio favore. Statisticamente parlando, so che le probabilità che la stessa occasione si ripresenti sono abbastanza basse (a seconda della natura stessa dell'occasione).
Quindi, se io non agissi, perderei quella possibilità. E certo come il giorno sussegue alla notte, dopo sentirei un forte rimpianto, una tristezza, una rabbia... tutte dettate dal non essere riuscito a sfruttare l'occasione che mi era stata posta dinnanzi o che mi ero affaticato a creare io in prima persona.

Mi è accaduto, in realtà più volte, ma solo una per cui nutra ancora un vivido e sofferto rimpianto. Quindi so che sarebbe così.

A quel punto non ho che una soluzione: afferro tutto il coraggio che so di possedere, nonchè buona parte di quello che non pensavo di avere, e mi faccio avanti. Faccio quanto in mio potere per sfruttare quell'occasione. Se poi la cosa non andrà comunque a buon fine, poco importa!
Ovvia sarà la delusione, il pentimento iniziale "Non avrei dovuto farlo, adesso ci sono rimasto fregato", ma posso dire con assoluta sicurezza (almeno per quanto concerne strettamente il sottoscritto), che dopo un determinato periodo di tempo, variabile a seconda della situazione, mi sentirò comunque soddisfatto. Soddisfatto per come abbia agito, per come mi sia comportato, sfruttando quella piccola influenza che posso esercitare negli intricati trama e ordito del mondo che mi circonda.

Almeno avrò la certezza. Non nutrirò il rimpianto "Chissà, magari se avessi fatto così, allora le cose avrebbero potuto andare diversamente...". E' il non sapere ciò che è in grado di tormentare i nostri animi* , l'incertezza, il dubbio. Il non poter avere la risposta a certe nostre domande.

Ovviamente quanto scritto vale per me, ma non è necessariamente detto valga per chiunque legga. Quello sta a voi scoprirlo e/o ammetterlo.


*[NdEladrin: sì, "i nostri animi", al plurale. In futuro magari scriverò circa questa mia espressione. Anticipo solo che chi conosce un minimo di Hermann Hesse o fors'anche di Pirandello può già capire di cosa parlo]

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Capisco cosa intendi, ma suppongo tu l’abbia intuito dalle nostre conversazioni.
Personalmente mi sono trovata moltissime volte in situazioni simili e ho sempre optato per un’attesa serena e priva di rischi. Non credo sia il modo più sbagliato di affrontare la vita ma sono altrettanto certa che non sia il più giusto, il problema sta ne fatto che la consapevolezza spesso non basta.

“ Meglio essere protagonisti della propria tragedia che spettatori della propria vita.” ( Oscar Wilde )

Eladrin ha detto...

La consapevolezza non basta, eppure è il primo passo. La mia non è una critica, e mostri una maturità fuori dalla norma a rispondere come hai fatto =)

Ma lo scopo di qualcuno di questi post è solamente quello di indurre i pochi che li leggono a riflettere un po'.

Bella citazione, come sempre, ma la vedo un po' come "meglio soli che mal accompagnati". Che significa? Meglio ben accompagnati! Mica è una cosa tanto impossibile da doverla escludere a priori! :P

Bacio! :D